Il minimalismo espressivo di Philip Glass e la trilogia Qatsi

Il minimalismo di Philip Glass

Nato il 31 gennaio 1937 a Baltimora, Philip Glass – o Phil Glass come lo chiamano alcuni – è uno dei più grandi compositori avvicinatosi prima al minimalismo musicale (o concept music), di cui è considerato uno dei massimi esponenti, e convertitosi successivamente ad uno stile meno “severo”, definito postminimalista.

Un passaggio, quello al postminimalismo, iniziato negli anni ’80 quando iniziò a guardare oltre facendosi contaminare positivamente da influenze esterne. Tra tutte, l’incontro con il compositore indiano Ravi Shankar segnerà quello che sarà poi il suo stile compositivo; con Shankar lavorerà anche alla colonna sonora del film “Chappaqua”.

Il lavoro del compositore di Baltimora, insieme a quello di altri compositori come il grande Steve Reich, ha dato una nota rivoluzionaria al processo compositivo distaccandolo dal concetto di “composizione” fine a se stessa.  Si può quasi affermare che Glass donò nuova vita all’arte della composizione.

Cinema, teatro, musica: ognuna di queste arti ha conosciuto il suo importante contributo. Tra i tanti lavori, le colonne sonore, composte per diversi film e documentari, costituiscono parte importante della sua carriera. Tra queste si contraddistinguono senza dubbio quelle per la Trilogia Qatsi: i tre film realizzati dal regista Godfrey Reggio, tra il 1982 e il 2000, sulle profezie degli indiani Hopi.

La trilogia Qatsi e la potenza delle composizioni di Philip Glass

La trilogia Qatsi è il nome dato ai tre film diretti e prodotti dal regista Godfrey Reggio, caratterizzati dalle composizioni inconfondibili di Philip Glass.

Il primo film “Koyaanisqatsi: Life out of balance” risale al 1982, il secondo “Powaqqatsi: Life in transformation” del 1988 e infine “Naqoyqatsi: Life as war” al 2002. La terminologia usata per tutti i titoli deriva dalla lingua indiana Hopi in cui la parola “qatsi” significa vita: dalla vita tumultuosa, alla vita in trasformazione fino alla vita come conflitto.

La trilogia inizia con Koyaanisqatsi, “la vita squilibrata che cerca altro”: un film senza trama né dialogo, ma solo collage di vari filmati la cui successione è a volte accelerata e a volte rallentata, ma sempre scandita dalle composizioni di Glass che si sostituiscono egregiamente all’assenza di parole. Un susseguirsi di momenti che rappresenta lo sviluppo della civiltà attuale guidando lo spettatore in un viaggio che parte dalla natura come soggetto assoluto per poi contaminarsi nel tempo con l’intervento dell’uomo in un climax sempre più acuto, scandito dal minimalismo frenetico di Glass. Le tracce presenti nel film verranno poi raccolte da Philip Glass in un album.

Il secondo film, Powaqqatsi, rappresenta invece l’incontro/scontro del progresso sull’ambiente: “la vita che consuma le forze vitali di altri esseri per promuovere la propria vita”. Infine, Naqoyqatsi: la vita come conflitto, in cui ci si uccide a vicenda.

Una trilogia che colpì non solo per la “trama non trama”, ma soprattutto per le composizioni: temi musicali che si ripetono, si inseguono, si incrociano, accelerano e poi rallentano creando suggestioni che, mischiandosi con le immagini, si imprimono nello spettatore lasciandolo a bocca aperta.

Le composizioni di Philip Glass sono state spesso oggetto di critiche per la loro ripetitività che come dice lo stesso compositore nascono da un giudizio disattento tanto da paragonarlo, nella sua autobiografia “Words Without Music”, all’addormentarsi durante un film e svegliarsi all’intervallo.

Il punto è che, piaccia o non piaccia, lo stile di Glass è stata una rivoluzione. Una forte e storica rivoluzione che ha cambiato il panorama artistico.